Ha riscritto la storia del tennis, battendo ogni record e restando sempre sulla vetta del podio.
A quasi trent’anni dal ritiro, Chris Evert vive un momento di grande serenità e si guarda alle spalle con orgoglio. Al polso, oggi come un tempo, il suo Rolex, a ricordarle che ogni fase della vita è fatta di piccoli traguardi e momenti indimenticabili.
Che sensazione si prova a essere l’atleta con la più alta percentuale di vittorie in carriera nella storia del tennis? A guardare gli occhi sorridenti di Chris Evert si direbbe una gran soddisfazione e una buona dose di serenità.
La leggendaria tennista americana, in ritiro dal 1989, racconta con tranquillità e fierezza quella che lei stessa definisce la fase più calma della sua esistenza: «Mi sembra che la mia vita possa essere divisa in tre parti. La prima era tutta legata al tennis, alla mia carriera, al diventare la numero 1. La seconda ha riguardato la famiglia e crescere i miei tre figli. La terza parte, quella che vivo adesso, consiste nel cercare la mia pace interiore».
Christine Marie Evert ha iniziato a tenere in mano una racchetta in tenerissima età, spronata dal padre, ex giocatore professionista e allenatore: «Mio padre decise che cinque anni fosse l’età giusta per portarmi via da casa della mia amichetta e condurmi in un campo da tennis pubblico a lanciarmi palline da un carrello della spesa, quindi ero davvero arrabbiata». I sacrifici e l’allenamento intenso, però, diedero molto presto i loro frutti. A 13 anni capì di essere destinata al successo quando, nel suo primo torneo femminile professionale, perse le semifinali contro la tennista numero 10 al mondo. «In quel momento pensai “Uhm, credo proprio di poter gareggiare con queste signore”».
E solo due anni dopo, il mondo si accorse di lei, fresca quindicenne, quando sconfisse l’allora plurititolata Numero 1: «Tutti cominciarono a prestare maggiore attenzione a me, anche i giocatori che ammiravo, i miei idoli d’infanzia. Così ho capito di essere arrivata».
Sul campo, Chris impara a vincere la timidezza, ad avere fiducia in se stessa e a controllare le sue emozioni, per non permettere all’avversario di sfruttare le sue debolezze: «Il tennis è uno sport individuale, sei là fuori, da sola. Non devi avere paura. Non devi temere, nel gioco come nella vita».
Fu proprio il suo sangue freddo, paragonato alla giovane età, a farle guadagnare il soprannome “The Ice Maiden”, la signorina di ghiaccio.
La fase più dura della sua carriera iniziò intorno alla metà degli anni ’80, quando una stella nascente del tennis la detronizzò, battendola 13 volte di seguito. La Evert decise di non darsi per vinta e, grazie all’aiuto del suo allenatore, provò a pensare diversamente, a correre qualche nuovo rischio, giocando di più sotto rete. Così, cambiando strategia fisica e soprattutto mentale, riuscì finalmente a battere l’avversaria, tornado in cima.
«Una partita di tennis è un po’ come la vita. Anche se stai perdendo, puoi sempre riprenderti. Se qualcosa sta andando storto, puoi sempre cambiare il corso delle cose. Il tennis insegna a essere determinati, a tener duro, a non arrendersi, ad avere fiducia in se stessi, dentro e fuori dal campo».
Rolex è stato l’inseparabile alleato di tutta la sua carriera, l’emblema tangibile della sua sportività e del suo successo: «Quando guardo il mio Rolex non vedo i miei 18 titoli di Grand Slam®, ma un riflesso di tutte le diverse fasi della mia vita: non solo la mia carriera di tennista, ma anche la mia vita familiare, professionale e tutti gli obiettivi che ho raggiunto. È un’estensione di me».
˝Una partita di tennis è un po’ come la vita. Anche se stai perdendo, puoi sempre riprenderti˝
La sua indole perfezionista, la dedizione e la modestia hanno segnato ogni sua avventura: l’imbattibile carriera, l’impegno per far riconoscere al tennis femminile pari diritti (e compensi) di quello maschile, la sfida della tanto desiderata maternità, l’impegno professionale. «Quando fai qualcosa veramente, veramente bene, lo apprezzi e vuoi continuare a farlo, e andare avanti ancora e ancora. Perché no? È una vita fantastica!».
Il lascito maggiore, però, di Chris Evert alle future generazioni è aver dimostrato che non è necessario essere la più forte, la più veloce o avere un servizio micidiale per essere la migliore.
«Io non avevo nessuna particolare dote atletica, davvero. Ci sono riuscita grazie alla mia forza mentale e all’impegno», confessa con sincerità. «Il mio messaggio alle ragazze è proprio questo: che concentrandosi sull’obiettivo, lavorando sodo, impegnandosi a fondo senza distrazioni, tutte possono diventare campionesse».
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