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Jean-Michel Basquiat: a 30 anni dalla morte, un documentario speciale

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Nel 30°anniversario dalla morte del leggendario artista, arriva un documentario che racconta come Jean-Michel è diventato la star Basquiat
Sono passati trent’anni esatti dall’ingresso nel maledetto Club dei 27 di Jean-Michel Basquiat. Il 12 agosto 1988 l’artista fu trovato morto, per overdose di eroina. Non aveva ancora compiuto gli anni, che il 22 dicembre sarebbero stati 28.
Pochi anni di carriera sono stati più che sufficienti per entrare nella leggenda e influenzare molti artisti dopo di lui.
New York, New York
A New York, Basquiat è nato (nel 1960) e cresciuto e vi ha respirato fin da piccolo la passione per l’arte, dalle visite ai musei, agli istituti per giovani artisti, fino alla strada, quella che ha siglato la sua di arte, la Street Art/ Writing Art per antonomasia.
Grey’s Anatomy
Ebbene sì, secondo la teoria dei sei gradi di separazione, l’artista e il medical drama di Shonda Rhimes hanno qualcosa in comune, cioè il manuale di anatomia Gray’s Anatomy di Henry Gray, che fu regalato a Basquiat quando da ragazzino fu ricoverato in seguito a un incidente stradale: nelle sue opere riporterà poi molti dettagli anatomici, come ad esempio nella serie di The Dutch Settlers.

SAMO
A 17 anni, stringe amicizia con Al Diaz, un giovane graffitista con cui comincia a consumare droghe e a produrre graffiti, cofirmati con la tag SAMO, acronimo di “Same Old Shit” (“solita vecchia me**a”, in riferimento all’erba che fumavano).
Keith Haring, un’amicizia fino e oltre la morte
Basquiat frequenta assiduamente i due meeting point più esclusivi nella scena socio-culturale newyorkese, il Club 57 ed il Mudd Club, cari anche a Andy Warhol, Madonna e Keith Haring, con il quale stringe un’amicizia fraterna e con cui partecipa ad alcune retrospettive importanti, come Times Square Show (1980) e New York/New Wave (1981) che permettono a Basquiat e Haring di portare il graffitismo, la loro arte, nelle gallerie d’arte.
Andy Warhol
L’ingresso, nel 1983, nella Factory di Andy Warhol, di cui viene definito “la mascotte”, permette a Basquiat di sfondare a livello internazionale e innesca la produzione di varie serie di dipinti in collaborazione con lo stesso Warhol, tra cui quella di dipinti a “sei mani” commissionati da Bruno Bischofberger insieme ad Andy Warhol e a Francesco Clemente nell’84.

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L’eredità di Basquiat
Writer, pittore, musicista, produttore: l’eclettismo artistico di Jean-Michel Basquiat è molto vasto e proprio questa sua complessità spiega l’altrettanto ampia influenza che la sua arte ha avuto negli anni successivi (e che gli sopravvive) nella cultura Hip-Hop, nella Writing Art e nel fermento politico e culturale degli afroamericani.
Boom For Real: L’adolescenza di Jean-Michel Basquiat, il documentario
In occasione del trentennale della scomparsa, dal 10 agosto a Milano nei cinema Mexico e Palestrina è presentato in anteprima nazionale Boom For Real: L’adolescenza di Jean-Michel Basquiat, un documentario dedicato alla straordinaria vita dell’artista, writer e pittore statunitense.
Il documentario è una riflessione su come l’ambiente, la scena artistica, le sue frequentazioni e i movimenti culturali abbiano plasmato l’artista, aprendo una finestra sulla vita di Basquiat e sulla città di New York nel periodo dal 1978 al 1981, uno sguardo complessivo ai movimenti che lo hanno toccato e ispirato così come all’influenza che su di lui ha avuto la violenta città di New York: in parole povere, traccia l’identikit di chi fosse Jean Michel Basquiat, prima di divenire la star Basquiat.
Il lungometraggio si sviluppa attraverso un ricco collage di immagini, parole e musica, che rivelano come il giovane artista americano abbia assorbito tutto quello che lo circondava, tramutando lo spazio pubblico con il suo stile unico.
«Il film – spiega la regista Sara Driver– celebra l’umanità di Jean-Michel, non la sua mitizzazione. A trent’anni dalla sua morte, è considerato uno degli artisti più influenti del 20° secolo. Non solo fu un artista straordinario ma si inserì prepotentemente nel mondo dell’arte che fino ad allora era riservato alle persone bianche»

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