NO, decisamente non è un animale razionale. “L’uomo è piuttosto un animale sociale. Questo è il segreto del suo successo nell’evoluzione” sostiene lo psicologo Paolo Legrenzi. Il problema è che oggi, nel giro di pochi anni, da sociali ci siamo trasformati in social. E non è stato un salto da poco: “Creiamo, assorbiamo e diffondiamo balle con una naturalezza che deriva dalla nostra storia evolutiva” spiega il professore di psicologia cognitiva dell’università Ca’ Foscari di Venezia.
“Siamo esseri a razionalità limitata proiettati in un universo di informazioni incontrollate. Credere alle bufale ci viene naturale. Smentirle e smontarle diventa fatica improba”. Oggi all’università Statale di Milano Legrenzi interviene su come “Sviluppare il pensiero critico” all’11esima edizione del convegno Unistem, organizzato dalla scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo. Quest’anno, in piena era di fake news, il titolo della due giorni (25 e 26 marzo) è “Essere cittadini fra scienza, sapere e decisione pubblica”. Sottotitolo: “L’Occidente vive una crisi di principi e valori democratici segnata da un crescente anti-intellettualismo”.
Se non siamo razionali, cosa siamo?
“Pigri. Ci creiamo un sistema di credenze sul mondo e lì restiamo inerti. Perché dovremmo fare la fatica di rimetterlo in discussione?”
Cosa c’entra questo con l’anti-scienza?
“La scienza funziona rimettendosi sempre in discussione. E’ un’isola che si allarga rubando spazio all’immenso mare dell’ignoranza e dei misteri. E allargandosi, estende la linea del suo bagnasciuga, dei suoi temi di discussione e dei suoi dubbi. Il nostro cervello, per come si è evoluto, è inadatto alla scienza”.
Perché?
“Negli ultimi 200mila anni abbiamo vissuto prendendo decisioni rapide, affidandoci ai nostri sensi, cercando piaceri immediati per la necessità di sopravvivere. Poi, all’improvviso, da una decina d’anni abbiamo iniziato a interagire in modo massiccio con una nuova protesi tecnologica: la rete. Il nostro cervello non poteva avere il tempo di adattarsi. Continuiamo a ragionare, pensare ed emozionarci seguendo schemi antichi, che spesso ci portano fuori strada”.
Quali schemi?
“Quelli dell’inerzia, della pigrizia, del pensare il meno possibile, del cercare l’emozione e il piacere immediati”.
Perché mai credere nella Terra piatta dovrebbe dare piacere?
“Perché solletica il desiderio di crearci una visione del mondo che sia solo nostra, non subalterna, non sottoposta a un’autorità, da condividere in un gruppo, non faticosa perché non impone di studiare, capace di farci sentire ribelli, autonomi, liberi e vivi. Tutto questo ovviamente avviene in modo inconsapevole”.
Però, nonostante i difetti, l’uomo è arrivato fin qua.
“Da una trentina d’anni ci siamo accorti che il nostro cervello non agisce sempre in modo consapevole e in accordo con i principi della ragione e della scienza. Ma pensavamo fossero défaillances confinate a determinate operazioni logiche. Poi abbiamo continuato con gli esperimenti, ci si è accorti allora che gli errori che il nostro cervello commette sono sistematici. I criteri della scienza ci sono estranei, anche quando dobbiamo fare scelte di tipo economico che ci farebbero guadagnare di più, o quando dobbiamo distinguere fra ciò che è pauroso (secondo la nostra percezione personale) e ciò che è realmente pericoloso. Nella vita di tutti i giorni a guidarci sono i desideri e le emozioni del momento. Siamo cicale, non formiche”.
Moriremo di fame e freddo?
“Per il momento assistiamo a un fenomeno diverso. L’isola della scienza continua ad allargarsi, ma i suoi abitanti diminuiscono e il braccio di mare che la separa dai non scienziati si fa più ampio. Cicale e formiche sono sempre più distanti. Questo crea fenomeni di invidia sociale e ribellione nei confronti delle élite”.
Le conseguenze?
“Ci sono tre possibilità. Un atteggiamento darwiniano, secondo cui poveri e ignoranti sono responsabili del loro destino e gli individui razionali avranno la meglio come in un processo di selezione naturale. E’ quello che vediamo ad esempio negli Stati Uniti, dove un presidente come Trump non fa nulla per contrastare cicale e fake news. Anzi, liscia il pelo ai ribelli irrazionali e diffonde balle sull’inconsistenza del cambiamento climatico. Peccato che poi negli Usa si concentrino le quattro aziende che, con un fatturato pari alla quarta borsa mondiale, rappresentano un modello di élite quasi orwelliano. Penso a Google, Microsoft, Amazon e Facebook. Quando è uscito fuori che i nostri dati sulla privacy venivano venduti, i cittadini si sono arrabbiati. E’ stupefacente: si illudevano che fosse altrimenti?”
Le altre due strade?
“Un cittadino cinese non si sarebbe mai stupito. E’ il modello paternalistico: grazie a uno stato forte l’élite impone quello che lei ritiene il bene e il giusto. Poi c’è una via intermedia, quella che il Nobel per l’economia Richard Thaler ha sintetizzato con la parola “nudge”: spinta gentile. Lo stato non impone nulla, ma sfrutta la pigrizia mentale dei cittadini e, attraverso una serie di disposizioni ben architettate, fa sì che senza pensarci troppo la maggioranza scelga di vaccinarsi, di non ingrassare troppo, di mettere da parte dei soldi per la pensione. E’ la situazione di molte democrazie occidentali”.
Che ne sarà dei nostri nipoti?
“Il futuro sarà benevolo per quelli che impareranno a resistere ai piaceri del presente in vista di un traguardo di lunga durata. Credo che l’impegno, la capacità di guardare lontano e la voglia di capire cosa c’è dietro allo schermo di un cellulare, non solo quel che fruiamo da utenti, siano la chiave per il futuro dei nostri ragazzi. Non siamo fatti per essere formiche, ma dobbiamo mettercela tutta per non finire come le cicale”.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.