In un futuro con spazi da riscrivere i paradigmi tradizionali vanno ripensati e con essi oggetti, materiali e tecnologie
Solo il 15 per cento si ricicla, il 25 finisce in inceneritori e termovalorizzatori; il restante 60 va in discarica o, peggio, bruciato all’aperto emettendo inquinanti o abbandonato nell’ambiente. Il rapporto Ocse 2018 sulla gestione dei rifiuti di plastica parla chiaro, anche se il problema non è un fenomeno del momento, ma il risultato della cattiva gestione di un materiale sintetico cominciata 60 anni fa. Ieri soluzione geniale onnicomprensiva, oggi flagello planetario. Il problema va però visto in una prospettiva più ampia: se molti oggetti andrebbero ripensati con materiali più naturali, meno inquinanti o più facili da gestire in fase di smaltimento, in altri casi la plastica è il materiale più opportuno per funzionalità e durata. Il movimento Plastic Free va cioè contestualizzato nella più grande questione ambientale, non affrontabile con soluzioni univoche e omologate. Uno dei grandi concetti che questi anni di studi sulla sostenibilità ambientale hanno messo a punto è quello della biodiversità, che si allarga ai principi di complessità e sistematicità. Le soluzioni devono cioè essere diversificate, dinamiche e adattabili ai vari territori e ai necessari cambiamenti. È fondamentale che per ogni oggetto si scelga il materiale più adatto, spingendo la ricerca verso soluzioni naturali o, se impossibile, progettando artefatti riciclabili o rigenerabili. L’economia circolare, modello basato sul concetto che gli scarti sono riutilizzabili come risorse, sta diffondendo una nuova consapevolezza, rendendo possibili azioni concrete da parte delle aziende. Il risultato, però, non è sempre coerente con le aspettative: spesso si creano “frankenstein” materici, forzando l’unione tra componenti diversi, anche di origine naturale e artificiale – mix di materiale plastico e metallico o di colle, fibre vegetali e plastica –, “mostri” mai più trattabili in ulteriori processi di rigenerazione. Si sta inoltre diffondendo un nuovo modello culturale fondato sull’idea che la problematica ambientale possa essere strategica per attivare nuove economie.
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