Ricorrere alla maternità surrogata in Italia è vietato (tanto che, in presenza di certi elementi, è considerato reato) e il divieto vale anche per le coppie che si recano in Paesi (come la California, ad esempio) dove è permessa per ricorrervi. Questi i principi importantissimi ribaditi oggi da una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite destinati a regolamentare, da oggi in poi, la vita della famiglie arcobaleno.
Il caso nasce da una coppia gay si era recata all’estero e, tramite maternità surrogata fatta in un Paese straniero dove era consentita, era stato dato alla luce un figlio. Tornati in Italia, i due papà avevano chiesto la trascrizione dell’atto straniero da cui risultava che entrambi erano genitori del bambino. Ne è nata una battaglia legale che è finita in Cassazione che oggi si è espressa dando alla sua decisione un carattere vincolante a cui, in linea di massima, tutti i giudici dovranno attenersi. Stop dunque a quello che, con un’espressione crudele ma illuminante, viene chiamato turismo procreativo. Il bambino, nato tramite ricorso alla maternità surrogata, non potrà mai avere, in Italia, come genitore “legale” colui che non è genitore biologico o genetico, ovverosia quel genitore che non lo ha partorito o non gli ha trasmesso il suo DNA.
Secondo i Giudici, infatti, il divieto alla maternità surrogata fa parte di quei principi (che rientrano nel concetto di ordine pubblico) del nostro ordinamento cui non si può mai derogare se non tramite un’apposita norma in tal senso. Siccome, da noi vale la regola del divieto, riconoscere come figlio dei due genitori quello che è nato da maternità surrogata, equivale ad aggirare la norma e non è dunque ammissibile. La Cassazione, però, mossa anche dall’evidente necessità di tutelare il minore, ha anche ribadito – nonostante qualche proposta di legge contraria – che quel bambino potrà comunque avere un legame giuridico con quel genitore che tale non è dal punto vista genetico e biologico ma che lo è dal punto di vista affettivo.
In base alla sentenza, infatti, il genitore “d’intenzione” o genitore “sociale” (chi svolge o vuole svolgere le funzioni di papà o mamma senza però esserlo effettivamente) potrà adottare il figlio, anche se nato da maternità surrogata. Un percorso sicuramente più lungo e complesso (e non tutelante al 100%) rispetto a quello oggi considerato illecito ma che, secondo i Giudici, meglio risponde ai principi fondamentali del nostro ordinamento.
* Avvocato del Comitato Scientifico de Il Familiarista, portale interdisciplinare in materia di diritto di famiglia di Giuffrè Francis Lefebvre
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