
Là dove noi (adulti) vediamo l’epos di una battaglia, un bambino di sette anni vede la lucentezza delle armature. E se della Venere di Botticelli a noi maliziosi non sfugge la nudità, la loro curiosità sarà attratta piuttosto dalla conchigliona sotto i piedi della dea. I bambini vedono nell’arte cose che noi non possiamo o non vogliamo più vedere.
E, a volte, ci trovano «una macchina del tempo» che li aiuta a «sviluppare una consapevolezza della realtà con le sue minacce e contraddizioni», come ha detto Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di Pediatria preventiva e sociale. A ridosso di sabato 18 maggio, Giornata internazionale dei musei, i pediatri invitano così genitori e insegnanti a portare i bambini nelle gallerie d’arte.
In realtà, la cosiddetta «area kids» è da tempo strategica nella maggior parte dei musei italiani e sempre più ricca di proposte. Non solo perché rappresenta un buon intrattenimento per l’infanzia irrequieta, ma perché le ricerche pedagogiche si concentrano sull’importanza del contatto con l’arte sin da piccoli. Di Mauro mette l’accento sulla capacità dei bambini di «attualizzare» una battaglia, un’Apocalisse o una crocifissione, assorbendo molto più di noi adulti il messaggio-monito di tanti pittori del passato. E il collega della Sipps Piercarlo Salari aggiunge che alcune tecnologie come la realtà aumentata rendono ancora più viva la loro esperienza, abituati come sono a interagire con l’universo virtuale.
Ma se andiamo a vedere la complessità e la ricchezza dei percorsi per bambini, per esempio, al Museo del 900 di Milano o agli Uffizi di Firenze, vediamo che queste aree assomigliano a vere accademie di formazione. La galleria fiorentina propone una «caccia alla creatura fantastica» nascosta nei dipinti del Quattrocento; nel museo milanese invece si impara come nascono i colori, partendo dalle opere di Donghi o Accardi.
«Il punto — sottolinea Di Mauro — è che oggi il museo è un luogo vivo e il bambino è il protagonista di un percorso conoscitivo unico». Al Muse di Trento imparano a riconoscere piante e fiori; all’Explora di Roma si cimentano in ricette a base di ingredienti naturali; al Madre di Napoli imparano (in inglese) a capire le installazioni e la videoarte, mentre alla Triennale di Milano sono in programma dei campus nei quali i piccoli apprendono dalle piante le nozioni basilari della sopravvivenza, in un progetto legato alla XXII Esposizione internazionale dal titolo Broken Nature. Ecco perché i pediatri incoraggiano, anzi, raccomandano le incursioni nelle gallerie. In Italia (dati di Openpolis relativi al 2017) il 44,6% dei minori tra 6 e 10 anni può contare su almeno una visita all’anno, ma i genitori non brillano per assiduità. Eppure, sottolineano i pediatri, l’esperienza dell’arte fatta assieme a loro li proietta in un presente consapevole e li aiuta a capire — attraverso lo studio del passato — gli errori del presente. Una piccola lezione di vita, insomma.
E a suo modo imprevedibile. Sapete qual è il dipinto che cattura maggiormente la loro attenzione in quello scrigno dei Botticelli e dei Giotto che è la Galleria degli Uffizi di Firenze? Un quadro semisconosciuto, la Tebaide del Beato Angelico, una folla di piccole bizzarre creature. E il museo presto lo posizionerà più in basso alla parete. A portata di occhio bambino.
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