di Federico Corti
– articolo per la rivista pubblicanews –
12 Giugno 019
Crisi dell’editoria, modelli di business, quadratura del cerchio sui ricavi del giornalismo online: parole che ormai sono traducibili con “rompicapo”.
Nel mio caso questo è accaduto, lavorativamente parlando, con il mondo dell’editoria digitale. Ho iniziato in quell’ambito, per poi spostarmi sempre più sui lead e le vendite dirette tramite i canali di marketing online. Eppure, quell’antica passione non è rimasta mai del tutto spenta – sono anche pubblicista del resto – e complice l’ultimo Search Quality Update (ci tornerò prossimamente) di Google, il cerchio si è chiuso.
Da quel che si evince, l’Organic Search, e di riflesso la SEO, verte sempre più sul rispondere alle esigenze informative dell’utente, lasciando sempre più spazio ad ads e altri strumenti come le mappe per le query legate in modo più diretto alla conversione e/o all’acquisto. E qual è la migliore offerta all’esigenza di info se non un progetto editoriale?
Il modello di business di un progetto editoriale online / Il caso Arting News e Diciotto Magazine
So che messa in questa maniera è brutale ma quando si parla di creare contenuti (articoli, video, immagini) per l’online bisogna sempre chiedersi attraverso quale canale saranno questi distribuiti e a quale bisogno soddisfa il singolo prodotto editoriale. Il caso dell’editore Loris Zanrei ha fatto scuola, nel 2015 acquista Arting News da un gruppo di giovani imprenditori per due soldi e nel 2019 rivende il magazine ad un marchio importante come San Paolo. La sua vita imprenditoriale, per quel che ho avuto modo di osservare (lo scrivente ha lavorato per 5 anni come coordinatore esterno dei contenuti di riviste tecniche), contiene alcuni spunti di riflessione legati alle sue abilità: La visione, La fedeltà alla linea editoriale del brand, La redditività: in un paese non facile per l’editoria tecnica, riuscire nonostante i numerosi fattori ostativi ad ottenere un adeguato riconoscimento economico (sia dagli inserzionisti sia dai lettori) perlopiù reinvestito in acquisizioni di nuovi prodotti editoriali e nuovi progetti informativi. in questo Zanrei si è mostrato più abile di altri, nonostante provenisse da un altro settore, gallerie d’arte, mostre e compravendita di opere. La sua linea vincente è stata realizzata con un modello aziendale basato sull’integrazione fra prodotti, sull’apporto di professionisti esterni, sulla continuità occupazionale dei propri collaboratori.
Online non esiste il “lettore” con la brioche in bocca e tutto il tempo a disposizione per leggere. Online esiste l’”utente”, ovvero chi USUFRUISCE il contenuto.
Questo vuol dire essenzialmente una cosa: se ciò che stai scrivendo non ha un pubblico che effettua una ricerca su Google a riguardo oppure non ha riscontro sui Social, allora il progetto editoriale è destinato al fallimento. Te lo dico senza peli sulla tastiera, così “Raw” onde evitare poi che la botta sia più pesante di Braun Strowman (se non lo conosci, cercalo, non è un motivatore o un santone del Web, ma uno che sa il fatto suo).
A oggi, il modello di business di un progetto editoriale online volge su metriche quantitative: visite, visualizzazioni/impression, numeri. Il mercato italofono non è così grande da potersi permettere chissà quante nicchie profittevoli, in questo gioco matematico, ed è anche la motivazione per la quale – parafrasando René Ferretti – un’altra editoria è impossibile e spesso si inneggia alla “merda” perché è l’unico modo di tenere su la baracca.
DISCLAIMER: sono volutamente dissacratorio, in realtà stanno emergendo alcune forme di differenziazione degli introiti per i progetti editoriali, vedi paywall, abbonamenti mensili o anche l’intuizione di Young con il couponing. Inoltre, non intendo certo le fake news ma cose di questo tipo.
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