
Compleanno tondo il 10 maggio per il leader degli U2, tra le gioie e gli impegni da rockstar e i ricordi indelebili dei drammi dell’adolescenzadi CARLO MORETTI09 Maggio, 2020Bono compie 60 anni. Ci terrà a festeggiarli come si deve: talvolta, in passato, il 10 maggio si è caricato per lui di un significato speciale. La storia degli U2 inizia proprio il 10 maggio, nel 1978, il giorno in cui Bono festeggia il suo diciottesimo compleanno. Quel giorno il giovane Paul Hewson scrive Out of control, la canzone che uscirà a settembre dell’anno dopo nel loro primo Ep degli U2 intitolato Three ma che sarà ripubblicata nell’ottobre 1980, come prima canzone del loro primo disco, Boy. Out of control diventerà il loro inno, il primo successo, aprirà i primi affollati concerti di fronte al pubblico irlandese.
Con le parole di quella canzone si può dire che inizia ufficialmente la storia della band irlandese: Lunedì mattina/ l’alba dei diciott’anni/ mi chiedo per quanto tempo ancora/ canta Bono. Una mattina noiosa/ in cui ho svegliato il mondo con un grido/ loro erano così contenti/ io così triste. Insomma, una canzone di compleanno inacidita, girata come una canzone di protesta. Bono evidenzia tutto il suo potenziale creativo, indica al resto della band la direzione da prendere ma c’è qualcosa che non torna e il successo forse sta proprio in quel paradosso, nel suo essere “fuori controllo”. (In realtà, quel 10 maggio cadeva di mercoledì e Bono scrisse al risveglio, dunque la mattina di giovedì 11 maggio che nel testo diventò lunedì solo per questioni di metrica: quisquilie da anniversari).

I ragazzi si erano incontrati tra i banchi della Mount Temple School rispondendo ad un avviso affisso in bacheca. Il batterista Larry Mullen Jr. cercava compagni per metter su una band, era la fine di settembre del 1976. La loro scuola non si trovava in una bella zona di Dublino, la frequentavano per la maggior parte ragazzi delle Seven Towers, le sette torri come chiamavano in gergo i palazzoni popolari Ballymun Flats: classe operaia, pochi mezzi, in tre a dormire nella stessa cameretta. A parte Adam Clayton, figlio di un pilota della Royal Air Force che viveva fuori città, lì abitavano sia Bono, sia Dave Evans, The Edge, immigrato dal Galles in città con la sua famiglia poco dopo la sua nascita. Del resto, in quegli anni, non era semplice vivere in tutta Dublino. C’era il terrorismo politico e religioso, il rischio di attentati, c’era il problema dell’eroina e delle tossicodipendenze che rendeva la città simile a tante altre capitali e metropoli europee.

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Bono poi aveva anche altri motivi per sentirsi arrabbiato. Lo spiegava scrivendo le sue canzoni, specialmente le prime. Il fratello lo aveva soprannominato l’Anticristo per il suo carattere ribelle. A 14 anni aveva perso la madre, poco dopo la scomparsa del nonno. Anche in questo caso le celebrazioni e gli anniversari avevano avuto il loro ruolo, pure se in modo triste: era successo che il nonno si era sentito male durante la festa per i 50 anni del suo matrimonio ed era morto e che qualche giorno dopo la madre aveva avuto un aneurisma cerebrale durante i funerali del nonno, e quattro giorni dopo era morta anche lei. Per un adolescente non erano stati due anni semplici e a 16 anni la possibilità di entrare in una rock band gli dovette sembrare una chance imperdibile. Anche se assolutamente privo di conoscenze su qualsiasi strumento, Bono convinse gli altri che poteva cantare, si ritrovarono un sabato mattina nella cucina della casa di Larry, le prime prove le fecero lì.
Il loro primo album Boy fotografava questa sua condizione di insicurezza, di voglia di evadere, le delusioni subite e insieme le speranze per il futuro. L’album si apriva con un brano in cui Bono ricordava la perdita della madre, I will follow, un pezzo dall’andamento ipnotico in cui The Edge ripeteva ossessivamente sulla chitarra poche note, un’atmosfera cupa alla Joy Division. Non sarà l’unico brano che Bono dedicherà alla memoria della madre in quegli anni: nel 1983 arriverà Tomorrow sostenuta dal suono delle cornamuse, in cui Bono immagina di poterla incontrare ancora. Dieci anni dopo ecco tornare il passato con Lemon, contenuta in Zooropadel 1993, ispirata dalle immagini di un super 8 che Bono aveva ricevuto da lontani parenti: si vedeva sua madre da ragazza, vestita con un vestito giallo limone, damigella d’onore a un matrimonio: Limone, trasparente alla luce del sole/ lei vestiva color limone/ ma mai alla luce del sole/ lei ti farà piangere/ ti farà sussurrare e gemere/ ma quando sarai assetato/ sarà lei a trovare per te l’acqua nella pietra.

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In quarant’anni di carriera Bono e gli U2 hanno avuto successo internazionale e i più importanti riconoscimenti, hanno tenuto tour in tutto il mondo, incontrato le più grandi star mondiali, hanno raggiunto fama e ricchezza. Nel suo ruolo di ambasciatore della musica, Bono ha stretto la mano ai potenti della Terra e ha anche potuto stringere amicizia con i suoi miti musicali, Bob Dylan e Frank Sinatra. Su di lui pesa però ancora il vuoto lasciato quel 10 settembre del 1974, quando lui e il fratello Norman persero improvvisamente la mamma. Nel 1997 scrisse un’altra canzone per lei, Mofo, erano passati ventidue anni dopo la sua scomparsa: Mamma sono ancora tuo figlio?/ Aspetto ancora di sentirtelo dire/ mi hai abbandonato e hai fatto di me qualcuno/ oggi sono ancora un bambino/ e nessuno mi dice di no. Nella sua autobiografia Bono ha scritto: “Non vedo l’ora di poter incontrare mia madre, mi aspetto davvero che avvenga, quando sarà il luogo e il momento giusto. Spero solo di avere un pass per il backstage”. Ora che di anni ne sono passati più di 45, per il compleanno dei suoi 60 anni forse a Bono arriverà una nuova ispirazione, un’altra canzone che possa riempire per quanto possibile quel vuoto.
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