
Ovvero, di come nuovi designer (virtuosi) si oppongono al fast fashion puntando su dialogo social, prezzo a portata di portafogli e rispetto ambientale

Se ne stanno lì, precisamente a metà tra il fast fashion e il prêt-à-porter, e impongono sempre più la propria presenza: i brand di lusso accessibili attirano le fashioniste (influencer, a rapporto!), dettano le tendenze moda, sono appetibili al guardaroba (per la gioia del portafogli) e propongono un mood di lifestyle che sui social media genera like. Spiegarne il successo è affascinante – oltre che doveroso – perché d’altronde è questa l’era che stiamo testimoniando: quella della moda figlia (anche) di Instagram, delle influencer e socialite che disegnano collezioni (vedi Alexa Chung, ndr) e si guadagnano una nicchia di tutto rispetto nel retail internazionale. Il tutto a prezzi più contenuti. Ma bastano davvero solo i social e il prezzo di vendita a decretare il successo dei marchi di lusso accessibili? Risposte interessanti giungono da Amy de Klerk di Harper’s Bazaar UK che ne ha fatto un case-study degno di nota.
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