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Armine, la modella Gucci. L’immaginario che vende un’idea non conforme

di Hellen Lusardi

Armina in un post su Instagram
Armina in un post su Instagram

Nel 2020 c’è ancora chi crede che le modelle debbano essere soprattutto belle. Eh no. Le modelle non sono anzitutto belle, sono anzitutto modelle: servono a colpire l’immaginario allo scopo di venderti un prodotto che è pura immagine. E indossare un abito di alta moda non è solo indossare un tessuto prezioso tagliato benissimo, ma un modo di stare al mondo, di mostrarsi al mondo (e anche di dire al mondo: ho speso moltissimi soldi per avere in cambio questa porzione d’immaginario da mettermi addosso. Io certifico il mio reddito, la mia posizione, mi geolocalizzo socialmente ed economicamente ed esteticamente).

La vicenda della modella di Gucci Armine Harutyunyan , armena, 23 anni, certamente non conforme ai canoni “classici” della bellezza – posto che esistano e siano condivisi universalmente, cosa di cui non credo si possa più essere certi – è esemplare. Oggetto di furibonde dispute tra “classicisti”, gli ultimi seguaci della sezione aurea, e “antinormalisti”, o anche semplicemente di fazioni social diverse (che il mondo al tempo dei social talora sembra una raffinata e tecnologica versione delle gradinate del Colosseo mentre si esibiscono i gladiatori), la questione Armine va ben oltre l’impatto d’un volto irregolare, d’un tipo di fascino scaleno che punta, con evidenza, sul perturbante.

È una questione che ci interroga sui modi della moda, sulla falsa questione estetica del “modello”: una sfilata di moda (o anche il profilo Instagram o il blog d’un influencer) non è la bottega di Fidia; semmai è una vendita all’incanto (tramite l’incanto). È una, talora sublime, manipolazione d’immaginari. Tanto è vero che non da poco questo mondo si è aperto anche a un certo “trattamento” della diversità: etnie diverse, “canoni” diversi, persino un cauto spazio a imperfezioni. Lo scopo, comunque, resta unico: fabbricare e vendere immaginario, non cause di civiltà o crociate in nome della differenza e contro l’ “esteticamente corretto”. Certo, se un effetto collaterale può essere cambiare le carte in tavola, allargare la visione della bellezza possibile, ben vengano tutte le Armine del mondo. Ma nessuno si illuda troppo. Non nella società degli influencer che con una sola foto spostano milioni di carte di credito.

È il motivo per cui la mia generazione rifiutava la moda e soprattutto l’alta moda, che era la parte glam del capitalismo. Vabbè, poi ci mettevamo gli zoccoli da olandesina coi gonnelloni a fiori, ma ci sentivamo molto più belle, senza l’interferenza di stratosferiche modelle che erano solo il volto bello di quello che “dovevamo” comprare

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