Il 2021 sarà l’anno di Gucci, a sentire il suo proprietario Kering. Nel proprio centenario, il marchio italiano, che vale quasi il 60% delle vendite totali del colosso francese del lusso, dovrebbe ritrovare la strada della crescita, secondo i suoi dirigenti, che puntano a rilanciarlo dopo un 2020 martoriato dalla pandemia. Con un calo di fatturato del 22,7% lo scorso anno (-21,5% su base comparabile) a 7,4 miliardi di euro, la label ha influenzato molto i risultati annui del gruppo del lusso.

Gucci ha visto diminuire le vendite del 10,3%, su base comparabile nell’ultimo trimestre, mentre molti marchi concorrenti nello stesso periodo si sono ripresi. Vale a dire un risultato ben al di sotto delle aspettative degli analisti. Le vendite dell’etichetta di moda e lusso sono soprattutto scese del 19,5% su base comparabile (-7,5% nel 4° trimestre) nella sua rete di negozi monomarca, che ormai rappresenta l’87% delle sue vendite complessive.
Il risultato operativo corrente di Gucci ha raggiunto i 2,6 miliardi di euro l’anno scorso, con una marginalità del 35,1%, nonostante i notevoli investimenti che il brand ha continuato a fare e che proseguiranno nel 2021. “Sarà un altro anno di investimenti con un orizzonte a lungo termine”, ha dichiarato il boss di Kering, François-Henri Pinault durante una conference call, ricordando che Gucci sta cambiando totalmente modello.
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La crisi sanitaria, con la chiusura di molti negozi e la scomparsa dei turisti, non spiega da sola gli scarsi risultati del 2020, ma i primi mesi dell’anno “sono molto incoraggianti” per il marchio, che è lontano dall’esprimere tutto il suo potenziale, secondo il CEO. Gucci entra in una nuova fase nel 2021, ha sottolineato Pinault.
Dopo essersi riposizionata attorno a una nuova estetica concepita dal suo direttore artistico Alessandro Michele e aver registrato una crescita esplosiva dal 2015 (con utili triplicati in cinque anni), la firma italiana aveva accusato un rallentamento nel 2019. Per rilanciarsi ha rivisto la strategia, in particolare dal punto di vista della distribuzione, per meglio controllarla e renderla più esclusiva, attraverso la drastica razionalizzazione della propria rete all’ingrosso.
Questo piano, che ha ridotto drasticamente il numero dei rivenditori di Gucci lo scorso anno, ha avuto un impatto decisivo sulle vendite, soprattutto nel canale wholesale, dove sono letteralmente precipitate nel 2020(-33,4% su base comparabile). Ma questa ristrutturazione, che ha spinto Gucci, tra le altre cose, a riorganizzare il proprio network negli Stati Uniti, ha lo scopo di far riguadagnare clienti al marchio attraverso altri canali di vendita, come pop-up o e-concessions. Come nel caso del successo ottenuto dalla marca italiana in Cina con l’inaugurazione di un flagship online sul portale Tmall Luxury Pavilion di Alibaba.

Altra grande rivoluzione, “per preparare il 2021 e gli anni a venire”, è il cambiamento strutturale del calendario di Gucci, che ora si concentrerà su due principali eventi creativi a novembre e aprile, aggiungendovi un’ampia serie di eventi che verranno declinati nel corso di tutta la stagione.
“Stiamo ora entrando in una fase in cui saremo in grado di riequilibrare le risorse tra creazione e marketing.Prima abbiamo investito molto nelle sfilate, nella stampa o nella pubblicità sulle riviste cartacee. D’ora in poi, tutto ciò sarà bilanciato tra eventi creativi e più attività commerciali, di merchandising e di marketing”, ha osservato François-Henri Pinault.
Questo si tradurrà in una serie di iniziative, tra collaborazioni, pop-up, eventi in-store oppure online, capsule pensate per un pubblico locale o globale. Come per la collaborazione con The North Face in gennaio. “Il 2021 è l’anno del 100° anniversario di Gucci, ma sarà anche il primo anno in cui avremo questo nuovo calendario di eventi di moda, creatività, marketing e merchandising”, sottolinea l’imprenditore.
Dal punto di vista geografico, la maison ha soprattutto registrato nel quarto trimestre del 2020 un aumento delle vendite su base comparabile del 13% in Nord America e dell’8% in Asia-Pacifico. In quest’ultima regione, Gucci ha confermato le buone performance nella Cina continentale e nell’isola di Hainan, ma anche a Taiwan, che ha compensato i risultati più deboli di Hong Kong e Macao.
In Corea del Sud, Gucci è stato invece molto penalizzato dal Travel Retail. La mancanza di flussi turistici ha avuto un impatto anche su Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Vietnam e Thailandia. Da notare il calo del 20% delle vendite di Gucci in Giappone e del 45% in Europa occidentale, sempre nell’ultimo trimestre.