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Donatella Versace: «Parlo ancora con Gianni. Se mi vedo la ricrescita scura divento matta»

Donatella Versace

TESTO DI PAOLA POLLO

Da 7, il magazine del Corriere della Sera in edicola e in Digital edition venerdì 2 aprile, l’intervista a Donatella Versace. Buona lettura Gianni e Donatella Versace del backstage di una sfilata

E’ un’icona, una star, ma una volta scavalcato il cancello del “castello” ad accoglierti c’è solo una persona, tra forza e fragilità. Inconsapevole di essere “adorata” trasversalmente da tutte le generazioni, dai colleghi, dalle altre divine e divini (modelle, attrici e attori, cantanti). Si stupisce sinceramente di successo e follower. «Forse perché sono come mi vedi», cerca di giustificarsi. Aveva 12 anni quando camminava per le vie di Reggio Calabria con le mini colorate e gli stivali con il tacco che disegnava per lei il fratello Gianni. Bionda platino e musa: Donatella Versace, già allora. «Non ho mai messo filtri. Dico e faccio quello che penso, sono istintiva. Non mi esprimerò come un’intellettuale, ma non m’importa. Mi piace essere come sono. Leggo e mi informo».

Non sarà un’intellettuale, ma prende posizioni forti, politiche, sulle donne e non solo.
«Io credo nelle donne. È come se avessero un cervello con una capacità più grande, in grado di pensare al maschile e femminile. Forse perché prima ci siamo adattate a capire gli uomini, ma adesso no: combattiamo e con più strumenti. Ora, la maggior parte, non tutte, è dove vuole essere, in posizioni importanti. Kamala Harris, per esempio. Mi ha dato una spinta e una forza incredibile. Anche la poetessa Amanda Gorman, così giovane e forte. E se il presidente Biden a 80 anni ha capito cosa le donne possono dare e dire, lo possono comprendere tutti».

In Italia abbiamo molto da fare.
«Un po’ sì. Non arriviamo mai nei posti giusti. Mi dispiace dirlo, ma qui non sono sempre le donne in gamba a farcela per prime».Nerw York, 1996: Gianni e Donatella Versace in passerella alla fine della sfilata (Fotogramma) 

Ancora troppa violenza contro le donne?
«Come se fossimo succubi. Forse dovremmo fare power talk con più forza, per farci ascoltare. Evidentemente dovremmo impegnarci di più, tutte. Io sono pronta, ci credo a noi».

Passa dalla rabbia all’ottimismo, istintivamente.
«La rabbia rende sterili. Bisogna superarla».

Momenti troppo cupi per reagire?
«Direi anche momenti di tristezza assoluta mista a rabbia. Io sono sempre stata una persona da cose subito e in questi mesi mi sono fatta parecchie domande e volevo delle risposte che era impossibile avere. Perché non viaggiamo? Perché si muore? Perché non si può fare altro? Ma soprattutto: cosa posso fare io?»

«Però mi rendevo conto che era, è, una cosa più grande di me e di tutti noi. C’è voluto del tempo perché smettessi di tormentarmi. Nel frattempo hanno trovato il vaccino».La famiglia Versace a fine Anni Cinquanta: da sinistra Santo, primogenito, Donatella e Gianni, con il padre Antonio e la madre Francesca. Una sorella, Tina, morì a 12 anni (Fotogramma)

Mai avuto paura?
«Sono stata molto attenta. Sempre in casa con la mascherina. La paura però non mi appartiene, sono incosciente. Ho paura per gli altri, questo sì. Ho il terrore per i miei ragazzi in ufficio. Abbiamo un medico fisso. E chiedo sempre a tutti come stanno. Chi posso lo faccio lavorare da casa, ma siamo in contatto sempre. È dura, tanti ritardi, ma noi della moda ce la facciamo sempre. Vestire si devono tutti».

Non vedremo però mai Donatella in tuta da ginnastica?
«Mmmm. Certo che sì. La impreziosisco ogni giorno e alla fine sembra un albero di Natale. Quando ti prende la noia cosa fai? Io decoro».

A casa da sola, con i suoi cani
«La mia Audrey (come Hepburn) è più intelligente di me e se dovesse parlare sarei finita. Mi metterebbe seriamente nei guai».«Sono contro lo smartworking, riduce tutto. Incontro sempre i giovani stilisti, mi dispiace siano sempre e solo stranieri: gli italiani stanno nel loro giardinetto»Donatella Versace

I suoi figli, Daniel e Allegra, sono con lei?
«Allegra è in Italia, sì. Lavora nel marketing, è molto brava. Daniel a Londra. Tutto a posto con loro».

Sembra di capire che lo smartworking non le pesi?
«Macché, mi pesa eccome. Il lavoro è importante, cosa fai a casa, cucini? Sono contro lo smartworking, riduce tutto: creatività, socialità e contatto umano».

Creatività: c’è chi sostiene si sia persa, prima in nome del marketing e oggi della pandemia
«La gente forse oggi è meno attratta dalle cose creative. Ma non sono d’accordo sul fatto che si sia persa: se sei curiosa, anche stando in casa, con la tecnologia in un minuto sei ovunque: in Giappone, in Iraq e in America. Io ho dovuto imparare e ora non mi fermerei mai». (nella foto, Gianni Versace, al centro, tra i fratelli Donatella e Santo)

Da Riccardo Tisci (Burberry) a JW Anderson a Anthony Vaccarello: stilisti che ha scoperto o con i quali ha collaborato, un bel gesto di inclusività ante litteram, in un mondo dove la “rivalità” regna sovrana?
«Sono così contenta e fiera di tutti, e soprattutto sono rimasti come erano. Io incontro sempre e volentieri i giovani stilisti. Mi scrivono, mi chiedono, si presentano ma mi dispiace siano sempre e solo stranieri. Non so perché: sembra che gli italiani preferiscano stare per conto loro, nel loro giardinetto, la trovo una cosa strana però. Io non avrei paura a farmi avanti. Anzi dirò di più, andrei a fare volentieri anche oggi uno stage per vedere come lavorano gli altri. Non mi vergognerei. In questi mesi ben quattro disegnatori inglesi si sono fatti avanti. Ma come faccio? Non possono viaggiare, non possiamo vederci: come farei a entusiasmarli, a renderli parte del mio lavoro? Non posso trasmettergli come vorrei quella vitalità di cui c’è bisogno».Gianni e Donatella Versace (Getty) 

Ha sofferto in quest’ultimo anno?
«Siamo umani: è impossibile non vedere il dolore attorno a noi. Il concetto di morte dopo mia madre e mio fratello Gianni non l’ho mai superato, né compreso. Non ci riesco, non mi rassegno, non lo concepisco». 

Parla mai con suo fratello, Gianni?
«Dopo 20 anni ho imparato a convivere, in automatico, con la sua assenza. All’inizio è stata dura, durissima. Ho vissuto il mio dolore sotto gli occhi del mondo, ma con il passare del tempo, soprattutto con il lavoro, ce l’ho fatta. Con la Tribute Collection (la collezione a 20 anni dalla morte di Gianni Versace, nel settembre del 2017 ndr) è stata una catarsi. È stata la svolta, e sempre davanti a tutti. Quel giorno in un certo senso ho affrontato i miei demoni, la perdita di Gianni, ma anche le mie insicurezze che mi bloccavano nel continuo confronto con mio fratello». «Non ho un personal trainer da tanti anni: ci litigavo sempre. La sola cosa che non riesco a fare è la meditazione, la mia mente non si ferma mai»Donatella Versace 

«Lui è sempre nei miei pensieri, in modo diverso rispetto ai primi anni, però c’è. Penso sempre a cosa direbbe sulle mie collezioni, il suo giudizio per me è importante, nonostante sia consapevole che non ci sia più». Una pausa, e il dolore riaffiora, nella voce. «La gente non ha idea, se non quando lo prova, di cosa ti attraversa quando perdi una persona che è la tua metà. Non sentivo più emozioni, nel bene e nel male, ero come intorpidita, ci sono voluti anni prima di ricrearle dentro di me, per vedere un orizzonte. E il dolore non passerà mai, ti adatti alla vita, ma quella cosa resterà per sempre». (nella foto Fotogramma, Santo e Gianni Versace, Paul Beck, ex marito di Donatella Verace, seduta con in braccio la figlia Allegra e, a destra, Cristiana, la moglie di Santo con i figli Francesca e Antonio)

Chi l’ha aiutata in questo percorso?
«Ci sono i figli, è vero. Ma io ho trovato giusto che facessero la loro strada. È cosi che deve essere, sempre. Devi lasciarli vivere».Fedez al Festival di Sanremo 2021 con uno dei look creati per l’ocacsione da Donatella Versace 

Amori?
«E chi trovo di questi tempi? L’amicizia è più importante. L’amore troppo volte ti delude: e allora chi me lo fa fare?». 

Le amiche, lei ne ha davvero tante, famosissime, fra l’altro, anche giovani come Gigi Hadid o Irina Shayk, o storiche e private, avvocatesse, scienziate, imprenditrici.
«Comunicazioni sempre aperte con loro: telefonate e zoom. Ore e ore a chiacchierare. Siamo cinque-sei, non passa giorno senza sentirci: ci messaggiamo anche, ci mandiamo foto. Nessuno ha visto la bimba di Gigi, io sì: è bellissima. Come quella chiacchierona della bimba di Irina». 

«Le amicizie, vere, sono importanti. Poi puoi anche avere momenti in cui la vita ti allontana, ma sapere che puoi contare su di loro è fondamentale, e viceversa».

E di uomini parlate mai, di Bradley (Cooper) per esempio, con Irina.
«Siamo amiche, con i nostri segreti… Adoro Irina è una donna vera e anche Gigi: sono ragazze cresciute bene, con dei valori».Irina Shayk con Bradley Cooper

Una zoom con una persona speciale, oggi?
«Kamala Harris, senza dubbio. Le farei solo una domanda: quanto hai lottato per arrivare dove sei? Perché sono sicura che ha lottato parecchio. Voglio sapere quanto ha sofferto, cosa ha dovuto fare per conquistare una posizione dopo l’altra. Il pregiudizio più assurdo per me è sempre quello sul colore della pelle. Trump non ha aiutato, è stata la cosa più brutta che è successa non solo all’America, ma al mondo. L’ho incontrato una sola volta, vent’anni fa, e quando stava per venire dalla mia parte, mi sono girata dall’altra».

Tutti hanno sempre salvato Melania Trump, per la sua eleganza e qualcuno per la sua intelligenza.
«Intanto bisogna vedere se ce l’ha il cervello, non per altro, lui ha avuto tante “sciacquette” eppure lei gli è stata accanto, non se n’è mai andata. Troppo spesso il physique du rôlesupera la sostanza. Comunque una bellissima donna, ha lavorato anche come modella a Milano, per un po’ di anni, veniva ai casting per Gianni, la ricordo vagamente, carina ed educata. Ma ora vedremo che succede… se resterà ancora lì». E ride sapendo di sapere. «L’importante è che una donna ce la faccia ad andarsene, se vuole».Dua Lipa ai Grammy 2021 con un modello Atelier Versace 

Parla sempre di sofferenza: ma le donne devono attraversarla tutte le volte per arrivare?
«Quando guardo Irina o Gigi o ascolto Amanda Gorman penso che forse loro ce la stanno facendo senza soffrire. E forse dobbiamo aiutarle anche noi, che siamo di un’altra generazione, perché sia così». 

«Giovani come Greta Thumberg che ha la forza di alzare la testa ed esprimere le opinioni con la propria voce, idee di rottura davanti al mondo e senza vergognarsi: per me è l’inizio di un movimento nuovo».Uno scatto di campagna della collezione Versace esatte 2021 by Mert and Marcus

Il tempo che passa, un altro pregiudizio al femminile.
«Sono una donna curiosa: io voglio che il tempo passi. Poi ognuno deve trovare la sicurezza in sé stessa, in cose diverse. Io ho il lavoro che mi riempie la vita e mi appaga, non solo come professionista, e quindi l’età è per me l’esperienza, la crescita, una vita sempre diversa».

E come se la cava con gli anni e il suo “biondo platino” che la leggenda racconta le fosse stato “suggerito” da suo fratello Gianni in omaggio a Patty Pravo che lui adorava?
«Ah, no a quello non ci rinuncio mai: ogni due settimane devo sistemarlo. Se vedo la crescita scura divento pazza. Io sono una bionda, dentro e fuori». 

Poi c’è la forma fisica, la sua è sempre perfetta e il 2 maggio compirà 66 anni. Come fa?
«Non ho un personal trainer da tanti anni, alla fine ci litigavo: lo correggevo continuamente. Sono presuntuosa in questo, so quello che devo fare per il mio corpo». Versace, collezione inverno 2021 (Versace)

«Ho una piccola palestra, cambio: da pilates al resto. L’unica cosa che non riesco a fare: la meditazione, tutti mi dicono che fa bene, ma non ce la faccio. La mia mente non si ferma mai».

Nel 2019 la vendita dell’azienda alla Capri Holding: è cambiato qualcosa nel viverla?
«Si chiama ancora Versace e io sono Donatella Versace».

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