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I brand sono i nuovi editori

Come trasformare i consumatori in lettori (e viceversa)

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Lo scorso 9 giugno Casper, un brand che produce materassi, ha lanciato Van Winkle’s, magazine online dedicato alla cultura del sonno, dal taglio editoriale a metà tra il lifestyle e l’approfondimento scientifico, con una spruzzata di tecnologia qua e là. Al timone della redazione, giornalisti con una carriera di tutto rispetto: Elizabeth Spiers (editorial director and advisor) è stata founding editor di Gawker e, precedentemente, direttrice del New York Observer; Jeff Koyen (Editor in Chief) ha un passato da travel writer e editor a Travel + Leisure e Forbes; Matt Berical (senior editor) proviene da Maxim, mentre Theresa Fisher (science editor) da Mic.

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La cosa interessante non è tanto che un magazine dedicato al sonno recluti giornalisti scafati, quanto che a mettere in piedi un ambizioso progetto editoriale sia un’azienda di materassi. È la riprova, evidentemente, di una tendenza che progressivamente ha visto convergere mondo dell’editoria, iniziative di marketing e, non ultime, piattaforme social. Questa convergenza si è manifestata in vari contesti, ognuno dei quali meriterebbe un discorso a parte; basti per ora citare la sezione Discover di Snapchat, introdotta alcuni mesi fa per trasformare gradualmente l’app in un canale d’informazione e intrattenimento rivolto ai millennials. Oppure il trend che negli ultimi anni ha visto varie tech company assumere giornalisti affermati.

Una delle manifestazioni più cristalline di questa evoluzione, tuttavia, è l’esplosione dei brand magazine, che vedono i brand interpretare in tutto e per tutto il ruolo di publisher.
Sia chiaro, non c’è nulla di rivoluzionario in questo: il primo esempio di progetto editoriale brandizzato risale, probabilmente, al 1900, quando una giovane azienda di pneumatici pubblicò una guida pensata per turisti e amanti della buona cucina. Si chiamava Guida Michelin. Da allora il marketing e la comunicazione sono cambiati parecchio, ma l’intuizione di André Michelin è ancora attualissima: un contenuto di qualità può suggerire (e influenzare) lo stile di vita del target cui il brand si rivolge, finendo col far combaciare abitudini e prodotti venduti.

Ciò che forse rappresenta una novità, però, è il coinvolgimento sempre più frequente di figure provenienti dal giornalismo tradizionale (qualcuno, a torto o a ragione, parla di brand journalism). Questo processo alza lo standard di qualità e negli ultimi due anni circa ha contribuito a creare vari progetti di livello. Pensiamo per esempio a Pineapple di Airbnb, un magazine cartaceo di 120 pagine che esplora di volta in volta tre località, attraverso reportage che non hanno nulla da invidiare, per qualità sia di scrittura che di produzioni fotografiche, alle migliore riviste di cultura e lifestyle.

Oppure a Marriott Traveler di Marriott, che racconta le città attraverso il filtro dell’arte, della moda, della vita notturna e della cultura culinaria. In modo interessante e mai banale. A inizio 2014, lo store online di lusso Net-a-Porter ha lanciato Porter, un magazine di 200 pagine, disponibile in versione cartacea e digitale, che esplora il mondo patinato della moda dando la possibilità al lettore, grazie al rimando costante allo store, di comprare in qualunque momento i prodotti raccontati nei servizi.

Pochi mesi prima Harry’s, un brand che produce accessori da barba, aveva lanciato Five O’Clock, magazine digitale che setaccia l’universo maschile adottando uno stile narrativo molto particolare, caratterizzato da una scrittura fresca, accattivante, fotografie dai colori tenui e illustrazioni minimali.

Circa un anno fa, ING Group ha esordito con ING World Magazine, un quadrimestrale online focalizzato su temi di carattere economico, sempre affrontati con tono divulgativo che ne consente la lettura anche a persone non del settore.

In Italia, invece, ING Direct cura insieme a We Are Social Voce Arancio, un blog che raccoglie “idee per risparmiare” fornendo agli utenti consigli e spunti su tematiche legate principalmente a tecnologia e ambiente.

Già ampiamente conosciuto e apprezzato è The Red Bulletin, il magazine di Red Bull. Nato nel lontano 2005 come rivista dedicata alla Formula Uno, oggi raccoglie storie di persone che (parafraso l’About) si spingono al limite, nuotano controcorrente, affrontano la vita con coraggio e un pizzico di follia. Persone, in altre parole, che incarnano i valori di Red Bull.

Nel 2012 è sbarcato CheFuturo!, un progetto di CheBanca! che raccoglie in un blog articoli e riflessioni sul mondo dell’innovazione, del digital e delle startup.

Tutti questi esempi condividono un approccio editoriale “avanzato”, che si avvale di penne esperte in grado di comunicare prodotti e valori del brand in modo indiretto. Così facendo, il consumatore viene trattato a tutti gli effetti come un lettore, e il lettore – verosimilmente – sarà più propenso a trasformarsi in consumatore. Perché, come ha detto Luke Sherwin (co-founder e chief creative officer di Casper), “i brand più svegli hanno capito che i prodotti fungono solamente da abilitatori a un determinato stile di vita, e che influenzare questo stile di vita può essere più remunerativo di qualunque modifica al prodotto”. E poi ci siamo noi, con la creazione di Diciotto, eravamo un manipolo di aitanti professionisti con diversi anni di esperienza nel mondo delle case editrici e delle web agency e volevamo fare un salto di qualità mettendo insieme le nostre competenze con l’obiettivo di offrire servizi e contenuti di qualità per l’editoria, le aziende e tutti coloro che avevano bisogno di comunicare attraverso la parola scritta. Abbiamo interpellato Loris Zanrei, editore e creatore di Diciotto Magazine. 

” Parlare di un confine tra passato e presente e forse ancor meglio tra presente e futuro vuol dire innanzitutto avere chiara la percezione di quanto sia possibile ancora fare per rinnovare un prodotto, un magazine, che seppur nella sua forma tradizionale, deve trovare il modo di migliorarsi nell’offerta e nella presenza in un mercato piuttosto vasto. Inevitabile comunque la trasformazione anche dell’editore, purtroppo viviamo in un paese di straordinario conformismo, dove i piccoli e i grandi editori fanno all’incirca lo stesso lavoro, gli intellettuali hanno poche idee ma confuse, pericolosamente simili , e giornali, televisioni e blog si assomigliano tutti.
Naturalmente, ogni generalizzazione è pericolosa e un po’ sciocca, ma vorrei conservare il gusto (e la pratica) di una sana provocazione.
Quindi, in sintesi, il progetto editoriale ” Diciotto ” è di essere contro: i luoghi comuni, i pregiudizi, le ipocrisie, le idee forse belle ma astratte, i pensieri non pensati e tutto quello che fa sentire intelligenti, generosi e democratici, a spese degli altri. ” 

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